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Post sul blog (116)

  • Pubblica con noi! Ma portati il bancomat...

    Hai scritto un libro. Bravo. Adesso, paga. Perché nel meraviglioso mondo dell’editoria a pagamento, non conta cosa hai scritto. Conta solo quanto sei disposto a sborsare per vederlo su carta. Tremila euro? Perfetto. Siediti, che ti stampiamo il tuo sogno, lo impaginiamo male, ti mettiamo una copertina stock e ti facciamo anche credere che sei un “autore emergente". Pubblica con noi! Ma portati il bancomat... Non stai emergendo, stai affondando nel ridicolo. Funziona così: mandi il manoscritto, ti rispondono subito. Non perché abbiano letto il tuo libro. No. Perché sei potenzialmente un cliente. Ti scrivono che è un’opera “interessante, originale, intensa”. Hanno scritto la stessa identica frase ieri a uno che ha mandato le ricette della nonna in endecasillabi. Poi arriva il preventivo. Contributo. Termine dolce, rassicurante. Un modo elegante per dirti: sgancia i soldi e ti diamo il contentino . E tu magari ci caschi. Perché vuoi essere pubblicato. Perché ti illudi che basti stampare un libro per essere scrittore. Ma uno scrittore che paga per essere pubblicato è come un cantante che paga per esibirsi a karaoke. Non sei un artista, sei un pollo spennato. Ti promettono distribuzione? Certo. In catalogo. Dove nessuno ti vedrà mai. Ti promettono promozione? Certo. Un post su Facebook alle 11 di mattina con tre cuori emoji e zero engagement. Ti promettono presentazioni? Certo. Al bar sotto casa tua, con tua madre, tua zia e il barista. E magari pure l’obbligo di comprare 100 copie. Così puoi arredare il bagno con la tua opera prima. Ma sai qual è la cosa più disgustosa? Che queste “case editrici” si nutrono dei sogni altrui. Non vendono libri. Vendono illusioni. Sanno benissimo che il libro non lo leggerà nessuno, ma intanto ti hanno spillato 3000 euro. E quando chiedi perché non c’è promozione, perché non si vende, ti rispondono che “dipende dal mercato”. Sì, quello in cui ti sei appena venduto tu. L’editoria a pagamento è un inganno sistematico, un parassita che si attacca alle tue insicurezze. È la scorciatoia per chi vuole sentirsi autore senza passare dal merito, e il business perfetto per chi lucra su quell’ego. Non ti leggono, non ti curano, non ti editano. Ti stampano e ti lasciano lì, a galleggiare nel nulla, con la tua vanità rilegata in brossura. E poi c’è la beffa finale. Perché se provi a criticare, ti rispondono che “nessuno ti ha obbligato”, che “sei stato tu a firmare”. Giusto. Come quelli che truffano anziani e poi dicono: eh, ma gliel’abbiamo chiesto, mica li abbiamo rapinati . Complimenti. Un’etica da fiera di paese. Nel frattempo i veri scrittori, quelli che sudano, riscrivono, inviano, ricevono rifiuti e ricominciano da capo, stanno ancora lottando. Loro sì che sanno cosa significa essere autori. Non hanno bisogno di pagare nessuno. Perché sanno che un libro, se vale, troverà la sua strada. O morirà dignitosamente nel cassetto. Ma non finirà mai in un catalogo invisibile, venduto a caro prezzo all’autore stesso. Io i miei tremila euro me li tengo. O meglio: li uso per stamparmi il libro da solo, con la mia stampante. Almeno non mi sento preso in giro. E magari lo lascio in un bar, in treno, su una panchina. Lo leggeranno più persone così che con la vostra distribuzione fantasma. E voi, editori a pagamento, continuate pure a fare i finti curatori di sogni. Ma sappiate che la vostra gloria è fatta di carta (pagata da altri) e inchiostro (annacquato). Non siete editori. Siete stampatori travestiti. E i travestimenti, prima o poi, cadono. © Max Ramponi | 2025 | Tutti i diritti riservati.

  • Ucraina, tre anni dopo: il fallimento dell’Occidente tra ipocrisia e contraddizioni

    Siamo entrati nel terzo anno di guerra in Ucraina e il panorama internazionale continua a dipingere un quadro grottesco, fatto di retorica stanca, scelte miopi e giochi di potere che nulla hanno a che vedere con il benessere dei cittadini. Fin dall’inizio, la precedente amministrazione Biden, spalleggiata dai burocrati europei, si è distinta per la totale incapacità di cercare una via diplomatica. Nessun tavolo di trattative, nessun tentativo di mediazione serio, ma solo un fiume ininterrotto di denaro e armamenti diretti a Kyiv, in nome di una difesa della democrazia che puzza di ipocrisia lontano un miglio. A tre anni dall’inizio del conflitto, i risultati sono evidenti: un’Ucraina devastata, una Russia che non solo non si è piegata, ma ha rafforzato i propri legami con altre potenze, e un’Europa che si è inferta il colpo più duro con le proprie mani. Miliardi di dollari e di euro sono stati bruciati per finanziare una guerra che nessuno aveva intenzione di vincere veramente, ma che serviva a prolungare l’agonia di un Paese che si è ritrovato, suo malgrado, campo di battaglia per interessi altrui. Non c’è stata una strategia chiara, nessuna visione a lungo termine, solo una serie di decisioni prese sull’onda dell’emotività, della propaganda e della necessità di salvare la faccia. E così, mentre i leader occidentali si affannavano a sventolare la bandiera della libertà, i cittadini europei e americani pagavano il conto in bollette raddoppiate, inflazione fuori controllo e un’economia sempre più stagnante. Trump, nel suo solito stile sgangherato e teatrale, ha deciso che il tempo dei giochi è finito. Con una mossa che sa di calcolo spietato più che di idealismo, ha annunciato la fine dello scempio. Non per amore della pace, sia chiaro, ma per interesse. L’America non ha mai fatto nulla per altruismo e anche stavolta la mossa è chiara: sganciarsi dal conflitto per alleggerire il peso finanziario, rientrare nel gioco da protagonista e soprattutto mettere le mani sulle terre rare ucraine, una ricompensa più che appetibile per gli “aiuti” elargiti negli anni. Un calcolo brutale, senza fronzoli, che suona come un promemoria per chi ancora crede alla favola dell’interventismo umanitario. E l’Europa? Come al solito, arriva tardi e male. Dopo aver seguito a occhi chiusi la linea di Washington, si trova ora a fare i conti con la realtà: esclusa dalle negoziazioni, incapace di ritagliarsi un ruolo indipendente, con un’economia che arranca sotto il peso delle proprie stesse decisioni. Il taglio dei rapporti con la Russia, sbandierato come una necessità strategica, si è rivelato per quello che era: un boomerang che ha colpito duro. Le sanzioni, invece di piegare Mosca, hanno costretto l’Europa a reinventarsi fornitori energetici a prezzi folli, mentre il Cremlino stringeva nuovi accordi con Cina, India e altri Paesi emergenti, rafforzando il proprio peso sullo scacchiere globale. Si è venduta la narrazione che le sanzioni avrebbero fiaccato l’economia russa, che avrebbero messo in ginocchio il regime di Putin, che l’isolamento sarebbe stato letale. Ma la realtà è ben diversa: Mosca ha tenuto botta, ha riorientato i propri flussi commerciali, ha diversificato la produzione interna e, paradossalmente, ha finito per uscire più forte e autosufficiente. Chi ne ha pagato il prezzo più alto? L’Europa, che si è vista tagliare fuori da un mercato strategico, costretta a cercare soluzioni alternative costosissime e che ha dovuto fare i conti con il malcontento crescente di cittadini sempre più stanchi di sacrifici imposti in nome di battaglie altrui. A rendere il quadro ancora più surreale, c’è il fatto che, invece di fare un passo indietro e ragionare sulle proprie mosse, l’Europa ha deciso di raddoppiare la posta. Invece di riconoscere il fallimento delle proprie politiche, ha scelto di chiedere ai propri cittadini di accettare sacrifici ancora maggiori: da un lato l’austerità per la spesa pubblica e sanitaria, dall’altro un’impennata della spesa militare con l’obiettivo di riarmarsi. Una contraddizione stridente che mostra quanto i governi europei siano lontani dalle reali esigenze delle persone, più interessati a compiacere l’alleato d’oltreoceano che a garantire il benessere dei propri cittadini. E chi ha osato avere una posizione meno allineata? Chi ha provato a ragionare con realismo sulla situazione? È stato messo alla gogna. Leader come Viktor Orbán, che ha mantenuto una posizione dialogante con Mosca, e Olaf Scholz, che ha cercato di evitare un’escalation incontrollata, sono stati demonizzati, isolati e ridotti a capri espiatori di una politica europea sempre più cieca e sottomessa. Il messaggio è chiaro: chi non si allinea alla narrazione dominante viene messo fuori gioco. Nessuno spazio per il dissenso, nessuna possibilità di discussione. Solo un’unica verità imposta dall’alto, che si traduce in un'Europa più debole, più insicura e sempre più dipendente dalle decisioni altrui. Come se non bastasse, ora i leader europei, capeggiati dall’inquilino dell’Eliseo, avanzano l’idea di una missione militare in Ucraina, quando ancora la pace non è stata siglata. Un’operazione senza senso, che rischia solo di trasformarsi in un bagno di sangue, mettendo i soldati europei sotto il tiro delle stesse armi che l’Europa e gli Stati Uniti hanno venduto a Kyiv. Niente di più paradossale e inutile, un’ennesima dimostrazione dell’approssimazione e dell’incoerenza della politica estera europea. Il grande gioco della geopolitica non si ferma mai, ma ciò che resta evidente è l’assoluta incapacità dell’Europa di agire con autonomia e lungimiranza. Mentre Washington si prepara a voltare pagina, Bruxelles si ritrova ancora una volta a rincorrere gli eventi, senza una strategia chiara, senza un piano per uscire dal vicolo cieco in cui si è cacciata. E intanto, le macerie si accumulano: economiche, politiche, morali. La retorica del “Putin isolato” si è sgretolata, così come la favola dell’Occidente compatto e vincente. A tre anni dall’inizio di questa guerra, l’unica cosa chiara è che chi l’ha orchestrata non ha mai avuto alcun interesse a fermarla. E ora, mentre gli Stati Uniti rivedono le proprie priorità, l’Europa scopre di essere rimasta con il cerino in mano. Ancora una volta. © Max Ramponi, 2025 | Tutti i diritti riservati.

  • Studio Ovale, Rissa Finale: Trump vs Zelensky, il Wrestling della Geopolitica

    Eccoci qua, ancora una volta, con l’ennesima puntata della tragicommedia geopolitica in cui leader mondiali si affrontano come se fossero in un reality show di serie B, con la sottile differenza che qui non si vince un milione di dollari, ma si rischia l’estinzione nucleare. Sul ring dello Studio Ovale, due contendenti d’eccezione: da una parte Donald Trump, l’uomo che ha reso la diplomazia un’arte marziale, e dall’altra Volodymyr Zelensky, il presidente ucraino che ormai ha la resistenza nel DNA, ma si ritrova costantemente a prendere pugni sotto la cintura. La sceneggiatura è roba da film trash: Zelensky, in visita ufficiale, sperava di ottenere rassicurazioni sul sostegno americano, ma ha trovato un Trump in modalità "gangster di quartiere", che lo ha minacciato in stile Tony Montana: "Stai giocando con la Terza Guerra Mondiale". Sottotesto: "O fai quello che dico io, o ti ritrovi a trattare direttamente con Putin, sempre che non ti faccia fuori prima". La questione è semplice e brutale: Washington vuole che l’Ucraina si pieghi a un accordo di pace con la Russia, come se si potesse siglare un armistizio con chi ti bombarda casa un giorno sì e l’altro pure. Trump, con la sua solita finezza diplomatica degna di un rinoceronte in un negozio di porcellane, ha praticamente detto a Zelensky che senza il supporto USA può scordarsi munizioni, armi e aiuti economici. Che poi, detto da uno che ha la sensibilità di un camionista sotto anfetamine, non stupisce nemmeno troppo. Risultato? Zelensky ha lasciato la stanza senza firmare l’accordo sui minerali strategici. Che poi, detto fuori dai denti, pareva più un tentativo di vendersi l’Ucraina al miglior offerente che una reale trattativa politica. Il messaggio è chiaro: il supporto americano non è più in saldo e chi non si adegua alle richieste della Casa Bianca può accomodarsi fuori, possibilmente senza rompere troppo le scatole. L’intero episodio solleva una domanda esistenziale: ha ancora senso parlare di diplomazia o siamo ormai alla politica da bar, dove i leader mondiali si scannano tra minacce, ricatti e aut-aut degni di un villain di bassa lega? Trump e Zelensky rappresentano alla perfezione il nuovo standard: uno è il bulletto arrogante che vuole comandare il mondo come fosse il suo hotel di lusso, l’altro il disperato che cerca di rimanere a galla mentre tutti gli tirano mattoni. Nel frattempo, il resto del pianeta guarda incredulo, tra un missile ipersonico e l’altro. Ma tranquilli, amici spettatori: la prossima puntata sarà ancora più esplosiva. Preparate i popcorn e la tuta antiatomica. © Max Ramponi, 2025 | Tutti i diritti riservati.

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  • MAXRAMPONI.IT | Suggerisci un Articolo

    Vuoi condividere una storia o un'idea? Visita la pagina 'Suggerisci un articolo' per inviarci i tuoi spunti e contribuire al nostro diario visivo. Ogni suggerimento è un'opportunità per esplorare nuove prospettive insieme. Suggerisci un Articolo Scopri come fare Questa pagina è dedicata a tutti i lettori che desiderano proporre un tema, suggerire un argomento o segnalare una storia da trattare su maxramponi.it. Sei appassionato di fotografia, hai una riflessione che vorresti condividere o hai scoperto qualcosa di interessante legato alla Tunisia? Qui puoi farlo. Modalità di invio Per suggerire un argomento o inviare una segnalazione, ti basterà scrivere direttamente nel campo di testo indicato qui sotto. Il tuo suggerimento verrà letto e valutato per un possibile articolo sul sito. Non è necessario registrarsi o creare un account, e non ci sono limiti di lunghezza per i messaggi. Regole Gli argomenti suggeriti devono essere in linea con i temi trattati sul sito, come la fotografia, riflessioni quotidiane o la Tunisia. Le segnalazioni devono essere originali e non contenere materiale protetto da copyright di terzi. Mantieni un linguaggio rispettoso e costruttivo. Proposte che promuovono attività illegali o contenuti offensivi non saranno considerate. Dove scrivere Sotto a questa presentazione troverai un campo di testo in cui potrai scrivere il tuo suggerimento o segnalazione. Invia la tua proposta e sarò felice di prenderla in considerazione per un futuro articolo. Compila il modulo di contatto Nome Cognome Email Messaggio Invia Grazie per avermi scritto!

  • maxramponi.it | blog

    "Benvenuti su maxramponi.it, un blog personale dedicato alla fotografia, alla cultura e alle riflessioni quotidiane. Esplora racconti, immagini e pensieri che catturano l'essenza del mondo attraverso l'obiettivo." Benvenuto!!! Qui troverete Il VAFFAN BLOG, un luogo dove le parole si fanno beffe della seriosità e dove ogni post è un piccolo viaggio tra pensieri liberi e osservazioni pungenti. Non mancano le Gallerie, con scatti che catturano l'anima dei luoghi, i dettagli nascosti e le storie dietro ogni immagine. E poi, c’è Il Bestiario, la rubrica dove umani e stranezze vengono catalogati senza pietà, come in un'enciclopedia cinica e irriverente. Sentitevi liberi di esplorare, ridere, riflettere e, se vi va, anche lasciare un segno del vostro passaggio. Qui la porta è sempre aperta, ma attenzione: entrare è facile, uscirne... un po' meno! Continua a esplorare 01 Il Vaffan Blog Benvenuto nel mondo del pensiero libero, dove il filtro è solo un’opzione e il sarcasmo è di casa. Qui, le verità non sono mai prese troppo sul serio, e se ci si perde in qualche divagazione filosofica, beh... è colpa tua che leggi. Ti piacciono le opinioni scomode, i pareri controcorrente e le risate un po' acide? Allora sei nel posto giusto, perché qui nessuno ti offrirà zuccherini. E se non sei d’accordo, nessun problema: la porta è sempre aperta... sia in entrata che in uscita! 02 Scopri di più Il Bestiario di Max 03 Pronti per una carrellata di esseri umani descritti con la grazia di un rinoceronte in un negozio di cristalli? Ecco a voi 'Il Bestiario', la rubrica dove l’umanità viene analizzata, sezionata e, diciamocelo, un po' massacrata. Dall’Outlettus Famelicus al Tuttosauro, ogni specie ha un suo habitat, abitudini assurde e un caratterino che farebbe impallidire una tigre. Non sei pronto a vedere la tua categoria sociale sventrata con ironia e qualche cattiveria? Meglio girare al largo, qui non facciamo prigionieri. Scopri di più Le Gallerie di Max Scatti d'autore, momenti rubati, fotografie che parlano più di mille parole... ma con la delicatezza di uno schiaffo in pieno viso. Le gallerie di Max sono il racconto visivo di un mondo che non ha tempo per le pose perfette e le luci morbide. Che sia un angolo nascosto della Medina di Tunisi o un volto colto di sorpresa per strada, ogni immagine racconta storie senza dover usare la bocca. E sì, se non capisci il messaggio, non è colpa della foto, ma forse di chi guarda. Qui si guarda, si riflette e, se sei fortunato, si sorride anche. Scopri di più Download Chi sono? Mi chiamo Max Ramponi Sono Max, appassionato di fotografia e scrittura. Su questo sito condivido storie, immagini e pensieri, sempre con un tocco di ironia. Leggi di più

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