X Factor: Quando la Musica Diventa Fast Food (e di Quello Scadente)
- Max RAMPONI
- 26 ott 2024
- Tempo di lettura: 5 min

Nel mondo scintillante di X Factor, ogni artista è un fantoccio messo in scena per recitare un copione già scritto. Le luci si accendono, i giudici scuotono la testa con aria compunta, e il pubblico trattiene il fiato come se fosse davanti a un evento storico. Ma cosa c’è davvero dietro queste facciate patinate? Solo un’industria fredda e spietata, che addestra giovani promesse non a fare musica, ma a produrre successi di plastica che suonano tutti uguali, pronti a finire nei cestini digitali appena esaurita l’ultima nota.
La Gavetta: Quando Essere Artisti Era un Atto di Coraggio
Una volta, fare musica era un’avventura eroica, un viaggio intrapreso da chi aveva davvero qualcosa da dire. Ogni canzone era il frutto di esperienze vissute e di scelte sofferte, un lungo percorso che attraversava tappe faticose e impervie, dalle prime audizioni fino alla firma di un contratto con una casa discografica. Non c’erano coach personali, team di PR o marketing manager a plasmare l’immagine dei futuri artisti: c’era solo la loro voce, la loro grinta, e l’incontenibile urgenza di raccontare il proprio mondo, sporco e vero.
Le case discografiche rischiavano, sì, ma si prendevano il tempo di ascoltare. Riconoscevano il talento nella sua forma grezza, lo coltivavano e gli permettevano di sbocciare. Una band come i Nirvana, i Pink Floyd o i Rolling Stones non nasceva già confezionata; anzi, il loro percorso era spesso segnato da errori, dissonanze, da quella costante e febbrile ricerca della perfezione artistica, che non si poteva comprimere in pochi minuti di esibizione televisiva.
Oggi, invece, X Factor vende l’illusione del successo facile. Bastano poche note ben intonate e qualche lacrima di circostanza durante le clip di presentazione, e voilà: la promessa è che tutti possano diventare popstar. Ma ciò che resta sono esibizioni di plastica, canzoni fredde e standardizzate, create per adattarsi ai gusti di massa, senza una vera identità, senza un’anima.
Il Regno della Standardizzazione: La Musica in Scatola di X Factor
La verità è che l’intero format di X Factor è una trappola. Non si tratta di trovare artisti, ma di produrre un intrattenimento che soddisfi rapidamente un pubblico sempre più affamato di contenuti superficiali. Qui la musica non è uno scopo, ma solo un mezzo. La vera protagonista è la narrazione costruita attorno ai partecipanti, che vengono trasformati in prodotti da vendere velocemente, come panini che devono essere consumati in pochi minuti e dimenticati altrettanto in fretta. I concorrenti di X Factor non hanno mai l’opportunità di sperimentare veramente, di trovare il proprio stile. Non ci sono cantine umide o palchi di provincia; solo studi freddi e luci accecanti.
E Se Oggi a X Factor si Presentassero i Colossi della Musica?
Ma immaginiamo per un attimo che a varcare quella porta illuminata di X Factor siano proprio i colossi della musica, coloro che hanno definito il rock, il grunge, il blues. Cosa accadrebbe se i Nirvana, i Beatles, i Rolling Stones, i Pink Floyd o i Led Zeppelin si presentassero come giovani esordienti in cerca di fama?
Nirvana: Troppo Angosciati, Troppo “Pesanti”
Kurt Cobain, con i suoi maglioni bucati e l’aria disillusa, entrerebbe sul palco solo per essere subito radiografato dai giudici, che storcerebbero il naso: “La voce non è perfetta”, “Troppo oscuro, troppo arrabbiato”. Con il suo suono grezzo e potente, Cobain sarebbe considerato fuori contesto, una mosca bianca in un mondo di glitter e coreografie, troppo autentico per una competizione dove la spontaneità è un difetto. Non ci sarebbe spazio per “Smells Like Teen Spirit”, troppo intriso di verità e dolore per adattarsi alla narrazione predigerita di X Factor. Gli direbbero di fare pratica, di “ripulire un po’ il sound” e tornare l’anno successivo.
Beatles: Senza Ritornello Commerciale, Senza Speranza
I primi Beatles, pieni di energia e con i loro ciuffi scompigliati, avrebbero trovato solo ostilità su quel palco. I giudici avrebbero commentato: “Carini, ma un po’ datati”. Il loro sound, innovativo e coraggioso, sarebbe stato troppo semplice per una giuria ossessionata dai numeri e dalle mode. “All You Need is Love”? Ridotto a un ritornello troppo poco accattivante per il pubblico che “cerca emozioni forti”. La magia della Liverpool dei primi anni ‘60 si sarebbe scontrata con l’indifferenza fredda di un’industria che non guarda oltre l’ultima hit radiofonica.
Pink Floyd: L’Impero della Psichedelia Messo alla Porta
E che dire dei Pink Floyd? Roger Waters e David Gilmour, con la loro psichedelia densa e contorta, con quei testi alienati e introspettivi, non troverebbero posto su una scena televisiva fatta di canzonette orecchiabili e ritornelli che possano essere cantati subito dopo il primo ascolto. I Pink Floyd sarebbero troppo difficili, troppo lontani dall’essere confezionati in tre minuti di esibizione. Il loro talento avrebbe spaventato i produttori, che avrebbero chiesto loro di “semplificare” la musica per renderla accessibile.
Rolling Stones: Il Rock Scomodo che Non Può Essere Controllato
Mick Jagger e Keith Richards, con le loro movenze e la loro spavalderia, portatori di un rock dissacrante e liberatorio, troverebbero solo un muro di sguardi spenti e ostili. Troppo sfrontati, troppo autentici, troppo complicati. X Factor si troverebbe in difficoltà a gestire quella “cosa” grezza e irriverente che era l’essenza dei Rolling Stones. Non c’è spazio per la ribellione autentica in un mondo che vuole solo intrattenere, senza turbare, senza far pensare.
Led Zeppelin: Fuori dagli Schemi, Fuori dal Gioco
Immaginate Jimmy Page, Robert Plant e il loro sound epico e potente. Stairway to Heaven non avrebbe mai trovato il suo spazio in uno show dove ogni brano deve essere accorciato, limato, reso vendibile. Nessuno dei giudici avrebbe saputo cosa fare con quei riff ipnotici e potenti, con quella voce selvaggia di Plant. Gli direbbero che la loro musica è “difficile da vendere”, senza pensare che proprio in quella difficoltà risiede la sua potenza. I Led Zeppelin sarebbero stati invitati a provare qualcosa di “più radiofonico” e ad abbandonare quei testi “troppo astratti”.
La Spietatezza dell’Industria: Dimenticati in un Batter d’Occhio
La vera tragedia di X Factor è che nessuno dei talenti scoperti durerà a lungo. Gli artisti creati da questi format sono come bolle di sapone: brillano per un attimo, e poi scompaiono. Non hanno il tempo di crescere, di costruirsi un’identità, di sviluppare una carriera che possa resistere al passare degli anni. Non c’è un singolo artista di X Factor che abbia avuto l’impatto culturale e musicale dei veri colossi. E non è un caso. Come potrebbe, in un mondo in cui la musica è solo un prodotto di consumo?
E mentre il pubblico si ingozza di canzonette leggere, i veri artisti continuano a suonare nei piccoli locali, nei sotterranei, lontano dalle luci dei riflettori. È lì che la musica vive ancora, grezza e imperfetta, ma autentica. È lì che risuona l’urlo di Cobain, l’energia dei Beatles, la psichedelia dei Pink Floyd e la sfrontatezza dei Rolling Stones. Ma questi suoni non arrivano mai sul palco di X Factor. Perché lì, nel regno del fast food musicale, la musica è già morta, sostituita da un’imitazione debole e superficiale.
Conclusione: Dove è Finita la Musica?
In un’epoca in cui la musica è diventata fast food, ci resta solo da chiedere: dov’è finita la musica vera? La risposta è semplice, seppur amara: è stata relegata nei circuiti underground, nelle case di chi ancora non vuole cedere all’omologazione. È rimasta nei dischi impolverati, nelle raccolte di vinili, nelle stanze di chi continua a cercare la verità dietro il rumore.
Se il mondo di X Factor è l’apocalisse della musica, allora forse siamo destinati a vivere in un’epoca di silenzio, o meglio, di rumore incessante senza senso. Ma chi cerca ancora la vera musica sa dove trovarla: non davanti alla TV, ma nel cuore di chi non ha mai smesso di credere che l’arte, quella vera, non è per tutti, e non è mai, mai, alla portata di un telecomando.
© Max Ramponi, 2024 | Tutti i diritti riservati.
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