Il Dramma Interiore del Leone da Tastiera (CAPITOLO 2)
- Max RAMPONI
- 3 nov 2024
- Tempo di lettura: 4 min

Ma chi è davvero questo leone da tastiera, questo fiero eroe digitale che dispensa sentenze con la grazia di un arbitro infallibile? Al di qua dello schermo, chi si cela dietro questa maschera di virtù irremovibile e giudizio impietoso? Forse, per lui, la vita è stata un susseguirsi di sconfitte, una serie di piccoli e grandi drammi che lo hanno scavato dentro, lasciando cicatrici più profonde di quanto ammetterà mai. Magari da bambino era il bersaglio perfetto: balbettava un po', aveva qualche chilo di troppo o, semplicemente, era quel “diverso” che i bambini, con la loro invidiabile brutalità, sanno fiutare a chilometri di distanza. Perché i bambini, si sa, possono essere i più feroci tra i critici, soprattutto quando trovano qualcosa che non rispecchia esattamente il loro rigido concetto di “norma” – e qui la responsabilità cade spesso sui genitori, che impartiscono lezioni di vita come si distribuiscono figurine, insegnando un rispetto a giorni alterni.
Anche io, dall’alto dei miei 50 anni, ho avuto a che fare con questi piccoli tiranni in miniatura. La vita mi ha presentato i suoi bei conti, qualche volta amari, e anch’io, per un certo periodo, ho incassato, ho sopportato. Ma la vita è fatta di equilibri sottili, e a volte basta un pomeriggio per ribaltare le dinamiche: ricordo benissimo quel giorno in cui le mani, guidate da una forza nuova, si sono posate al collo di uno di quei bulletti, pronte a far capire che non si scherzava più. Sì, c’è voluto uno scontro diretto e, ironia della sorte, dopo quella sfuriata siamo persino diventati amici. Ogni tanto, tra una stretta di mano e una stretta al collo, l’equilibrio si trova.
Anche la mia vita ha conosciuto sconfitte, delusioni sentimentali e qualche inciampo professionale, ma io quelle cicatrici le ho sdoganate. Le ho archiviate, le ho trasformate in esperienze necessarie, parte di quella grande lezione che è il vivere. Nulla di cui farne una crociata; al massimo, un po' di materiale per ironizzare, perché alla fine prendersi troppo sul serio è solo un altro modo per perdere di vista l’essenziale. Il leone da tastiera, invece, di queste sconfitte non ha mai trovato il modo di liberarsi: le sente ancora sulla pelle, come pesi mai sollevati.
E poi, se guardiamo più da vicino, possiamo quasi vedere che il suo dramma personale si allarga anche alla vita familiare: magari i figli, stanchi delle sentenze perpetue, sono scappati oltreoceano alla prima occasione. La figlia ha scelto una nuova vita in Canada, e il figlio ha deciso di calarsi nel cuore delle umide foreste della Guyana francese, arruolandosi nella Legione Straniera piuttosto che continuare a sorbirsi quel giudice domestico in servizio permanente. Il Leone non riesce a vederlo, ma quelle sentenze hanno scavato un solco anche lì, e l’eco del silenzio familiare risuona tra le pareti di casa, insieme a una sensazione di vuoto che lui preferisce colmare sui social.
E poi c'è quel dettaglio, forse il più doloroso di tutti: il leone da tastiera, cornuto. Sì, ha sorpreso il partner, uomo o donna che sia, tra le lenzuola con un/a sconosciuto/a, una scena degna di un dramma passionale in stile sudamericano. Ma qui non c’è pathos: solo quella vergogna che, soprattutto in certe latitudini italiane, diventa una macchia indelebile, un’onta da portare sulla testa come un peso reale, visibile e palpabile. Le “corna” pesano eccome, come un’armatura di fallimenti che lo piega ogni giorno, rendendo il suo giudizio verso il mondo più aspro e il suo sarcasmo più pungente.
E poi, sul lavoro, la storia non è andata meglio. Magari per anni si è visto come uno di quei tipi in ascesa, quello su cui si punta per la prossima promozione, la scrivania d'angolo, la svolta tanto attesa. Ma il destino, ancora una volta, gli ha riservato una risata amara: la promozione è andata altrove, e lui è rimasto lì, tra le carte e le scartoffie, a fare da zerbino per tutti gli altri. Ogni mattina timbra il cartellino con quel peso sullo stomaco, in bilico tra la frustrazione e una rassegnazione che cerca di placare riversando online i suoi giudizi.
Queste ferite, questi piccoli drammi, restano nascosti dietro le sue parole taglienti, amplificandone la rabbia e trasformando ogni commento in un riflesso della sua insoddisfazione. Ma alla fine, in questa battaglia silenziosa contro il mondo, il vero prigioniero è proprio lui: intrappolato tra la tastiera e la propria amarezza, mentre il mondo continua a scorrere oltre lo schermo, indifferente ai suoi colpi.
Ma il nostro leone da tastiera non si ferma qui, perché il giudice virtuale ha una versione automobilistica altrettanto temibile: eccolo che in autostrada si incolla al paraurti della vettura davanti, lampeggiando con impazienza e premendo sulla velocità per spostare tutti di lato, come se ogni strada dovesse sgomberarsi solo per lui. Ha un gusto innato per le battaglie quotidiane, per l’arte di posizionarsi sempre in cima alla fila. Se potesse, farebbe piazza pulita di chiunque osi occupare il suo spazio: in autostrada come nei social.
E non parliamo dei gruppi WhatsApp di quartiere, in cui lancia crociate contro chi parcheggia male o chi ha l’ardire di parlare ad alta voce per strada, come se il mondo dovesse adattarsi ai suoi standard ovunque lui posi lo sguardo. Il suo tempio della serenità è fatto di sentenze e flash di fari, di sentori di rimpianti irrisolti e insoddisfazioni che sbolliscono solo con un commento piccato o una polemica online.
Io, invece, scelgo di vivere senza lanciare sentenze. Preferisco prendermi in giro, ironizzare sulle mie stesse disavventure e scivolate, perché, alla fine, un po' di autoironia non guasta mai e lascia spazio per respirare. Ecco la differenza tra chi vive le proprie esperienze con leggerezza e chi, invece, si trascina le proprie sconfitte come zavorre.
Il leone da tastiera continuerà a sferzare giudizi e puntare il dito, forse convinto di trarre una rivalsa dal mondo virtuale. Ma alla fine, rimane sempre e solo lì, ancorato alla tastiera, prigioniero di quelle battaglie senza fine. Noi, dall’altra parte dello schermo, possiamo soltanto scrollare e sorridere, andando avanti con le nostre vite reali, un po’ più leggere e sicuramente più libere.
© Max Ramponi, 2024 | Tutti i diritti riservati.
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