Disperato Erotico Stomp: Lucio Dalla e l’arte di rendere sublime il fallimento (anche quello sessuale)
- Max RAMPONI
- 17 ott 2024
- Tempo di lettura: 4 min

C’è chi scrive canzoni d’amore, chi canta di passioni travolgenti, e poi c’è Lucio Dalla. Con Disperato Erotico Stomp, Dalla prende qualcosa di ordinario e scomodo – il fallimento, la solitudine, il sesso mancato – e lo trasforma in un’opera d’arte. Non servono metafore dorate o veli di zucchero. Qui, Dalla si butta a capofitto nel crudo realismo, con la sua ironia spietata e un linguaggio che non chiede permesso. E riesce a fare quello che pochissimi artisti possono permettersi: ti trascina in una storia di cazzotti, sesso che non arriva mai, masturbazione e vuoto esistenziale, e lo fa con una naturalezza disarmante.
La grandezza di Lucio Dalla sta proprio in questo: saper raccontare l’amarezza e il ridicolo della vita con un linguaggio che non solo non si vergogna, ma che eleva la banalità del fallimento a qualcosa di epico. E mentre ci parla di scopate mancate, di puttane di sinistra e di momenti di sconforto in mutande, ti ritrovi a pensare che forse è proprio in questa schiettezza che risiede la vera poesia.
Ma andiamo a fondo: cosa rende Disperato Erotico Stomp un pezzo così speciale? È la capacità di Dalla di non risparmiarci nulla, di raccontare l’ordinario – il nostro ordinario – con una lucidità spietata e un’ironia che taglia come un rasoio. Non c’è spazio per l’idealizzazione: qui, tutto è crudo, reale, disperato. Ed è proprio per questo che è dannatamente geniale.
Il sesso che non sazia (e nemmeno la mano ci riesce)
Non serve girarci intorno. Il sesso, in Disperato Erotico Stomp, è una fregatura epocale. La canzone parte subito con una scena che ti lascia secco: lei, birichina, che la mattina si spoglia per un altro, mentre con lui non lo faceva nemmeno di notte. È una pugnalata che affonda ancora di più quando lei se ne va, lasciandogli un consiglio che fa male come uno schiaffo: “Il tuo sesso dallo al gabinetto”.
Non è solo la frustrazione sessuale. Qui parliamo di un’umiliazione totale, di quella che ti colpisce sotto la cintura e ti lascia senza fiato. Non solo lei se ne va con un’altra (sì, "quella alta, grande fica"), ma gli fa capire che, di fatto, il suo sesso non vale niente. E così, il protagonista rimane da solo, con in testa il vuoto, i pensieri sconnessi, e sempre lì, in mutande.
Dalla descrive con una crudezza che fa male l'essenza del fallimento maschile: non si tratta solo di non ottenere ciò che desideri, ma di essere completamente umiliato nel processo. L'ironia feroce è che, anche quando cerchi di colmare quel vuoto, non ci riesci. Il sesso non risolve un bel niente, e questo è chiaro fin da subito.
Una puttana ottimista e di sinistra: l'incontro che non risolve nulla
A metà della canzone, finalmente esce di casa. Dopo una settimana passata a macerarsi tra le delusioni, fa un tentativo: incontra una prostituta. Ma attenzione, non una qualsiasi: una “puttana ottimista e di sinistra”. Già qui Dalla mescola abilmente il sociale e il personale, creando una figura che dovrebbe rappresentare la trasgressione, il piacere senza vincoli, ma che, in realtà, porta solo altro vuoto. Non fanno nulla insieme.
Non è tanto il fatto che non concludano niente. Il punto è che nemmeno quella possibilità di fuga momentanea, di liberazione sessuale, offre una via d’uscita. Anche la prostituta, che forse rappresentava una speranza di risolvere qualcosa, si rivela solo un’altra figura illusoria. Anche lei, con i suoi problemi, non può riempire quel vuoto che si porta dentro il protagonista. Lui resta solo "come un deficiente", lo dice chiaro e tondo.
La solitudine esistenziale: da Berlino a Bologna, ma sempre in mutande
In questo viaggio desolante, c’è spazio anche per un incontro surreale. Dopo il nulla con la prostituta, incontra un uomo perso a Bologna, che sembra uscito direttamente da un incubo esistenziale. L’uomo, spaesato, è di Berlino, e anche qui Dalla gioca con il contrasto. Berlino, con la sua grandezza fredda e spaventosa, e Bologna, con il suo calore familiare, diventano simboli di una vita che oscilla tra l’incomprensibile e l’ordinario. Ma, alla fine, nemmeno questo incontro conta: tutto ritorna alla solita desolazione. Il protagonista non può far altro che tornare a casa e "rimettersi in mutande".
Le mutande, in Disperato Erotico Stomp, sono più di un indumento. Sono il simbolo della sconfitta quotidiana, dell'essere spogliati di qualsiasi illusione o protezione. Dopo ogni fallimento, si ritorna sempre lì: nudi, vulnerabili, soli. E non c’è nessuna metafora poetica, nessun sogno di riscatto. È la vita che ti lascia in mutande, e Dalla non si preoccupa di addolcire la pillola.
Il finale di DISPERATO EROTICO STOMP: masturbarsi come atto di disperazione
E infine, arriva il momento più intimo e disarmante della canzone. Dopo tutto, dopo ogni tentativo fallito di trovare una connessione con il mondo, il protagonista si ritrova da solo, sul divano, con la mano che "parte dolcemente". Non c’è niente di liberatorio, non c’è sollievo. La masturbazione qui non è il culmine del piacere, è la conferma ultima della solitudine. È come se fosse l’unico modo per riconciliarsi, almeno un po', con il vuoto interiore.
Lucio Dalla ci mostra l’autoerotismo non come un gesto di piacere, ma come un gesto di pura necessità. Il corpo che cerca un po’ di tregua da una mente che non smette mai di girare su se stessa. È un’immagine di sconfitta e di rassegnazione, ma anche un’amara risata sulla condizione umana. In fin dei conti, l’unico modo per andare avanti è accettare che siamo soli, che anche la sessualità non è altro che un’altra illusione che non risolve nulla.
Conclusione: accettare la normalità e il fallimento
Se Disperato Erotico Stomp ci insegna qualcosa, è che non c’è redenzione facile. Non c’è sesso che ti salva, non c’è incontro che ti restituisce quello che hai perso. Il vero trionfo, come dice Dalla, è essere normali. È accettare che la vita non ti darà mai ciò che desideri, che i tuoi sogni si scontreranno con la realtà e ti lasceranno in mutande. La maestria di Lucio Dalla è proprio in questo: raccontare una storia di ordinaria disperazione, e trasformarla in un’opera che ti fa ridere, riflettere, e alla fine accettare che, forse, questo è l’unico modo per restare sani di mente.
E mentre ci pensi su, sei lì, solo, forse in mutande, forse sul divano, con la mano che ti ricorda che, in fondo, la vita va avanti. Anche senza amore, anche senza risposte.
© Max Ramponi, 2024 | Tutti i diritti riservati.
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