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Dall’ultimo G7 al nuovo ordine mondiale: Giorgia Meloni ancora in piedi, gli altri rottamati

Aggiornamento: 20 feb

GIORGIA MELONI

C’era una volta l’ultimo G7, un summit tra i leader delle principali economie del mondo, tenutosi in un contesto di crescente incertezza politica e instabilità economica. Un vertice in cui si discuteva di geopolitica, sicurezza e sviluppo con dichiarazioni solenni e promesse di cooperazione internazionale, mentre dietro le quinte i destini politici di molti dei presenti erano già segnati.


All’epoca, il gruppo era composto da Joe Biden, Emmanuel Macron, Olaf Scholz, Rishi Sunak, Justin Trudeau, Fumio Kishida e Giorgia Meloni. Un’assemblea di leader con approcci diversi, ma accomunati dal tentativo di preservare un certo equilibrio nelle relazioni transatlantiche e nell’ordine globale. Tuttavia, ciò che nessuno avrebbe previsto allora era che, a distanza di un anno, gran parte di loro sarebbe stata politicamente azzerata, lasciando in piedi un’unica figura con una stabilità consolidata: Giorgia Meloni.


L’ondata di cambiamenti politici che ha investito i paesi del G7 è stata di una portata tale da ridefinire il quadro delle relazioni internazionali.


  1. Joe Biden ha dovuto cedere il passo a Donald Trump dopo una campagna elettorale travagliata e un crescente malcontento interno. Le difficoltà nel gestire la politica estera, le tensioni economiche e i problemi legati all’età hanno pesato sulla sua rielezione, portando gli Stati Uniti a un nuovo cambio di leadership.

  2. Emmanuel Macron ha visto la sua popolarità erodersi fino a perdere il controllo politico in un Parlamento sempre più ostile. Dopo una serie di riforme impopolari e l’avanzata delle forze politiche avversarie, il suo margine di manovra è stato drasticamente ridotto.

  3. Il premier britannico Rishi Sunak è stato travolto dalla disfatta del Partito Conservatore nelle elezioni generali. Un destino in parte annunciato, frutto della crisi economica post-Brexit e dell’incapacità di riconquistare la fiducia dell’elettorato.

  4. Olaf Scholz ha dovuto affrontare una crescente impopolarità e un governo di coalizione fragile, incapace di rispondere efficacemente alle sfide economiche e sociali.

  5. Justin Trudeau ha visto il proprio indice di gradimento precipitare, complice una serie di scandali e una percezione diffusa di inefficacia nella gestione del paese.

  6. Infine, il primo ministro giapponese Fumio Kishida ha lottato con una popolarità in declino, segnata da incertezze economiche e tensioni geopolitiche in Asia.

  7. In mezzo a questa ecatombe politica, l’unica a rimanere in piedi è stata Giorgia Meloni. Per decenni, l’Italia è stata sinonimo di instabilità politica, con governi che duravano meno di un ciclo olimpico. Eppure, in un capovolgimento quasi surreale della storia, proprio l’Italia si è rivelata l’unico paese del G7 con una leadership solida e un governo duraturo.


Giorgia Meloni ha consolidato la sua posizione senza opposizioni interne degne di nota, riuscendo a mantenere una coesione di governo e una strategia politica che, sebbene contestata da alcune frange europee, si è rivelata resiliente. Con Trump tornato alla Casa Bianca, il panorama geopolitico si è ulteriormente complicato. Mentre gli altri leader europei si trovano in una posizione di debolezza, Meloni è ora l’unica figura di riferimento stabile con cui Washington può dialogare. Questo le offre un vantaggio strategico nei rapporti transatlantici, soprattutto in un momento in cui l’Europa, frammentata e priva di una leadership forte, fatica a trovare una linea comune sulle grandi questioni internazionali.


Un esempio lampante di questa marginalizzazione europea si è visto nella questione ucraina: quando è stato il momento di sedersi al tavolo delle trattative, gli Stati Uniti e la Russia hanno preferito negoziare direttamente, escludendo l’Europa dalle decisioni cruciali. Questo dimostra quanto, al netto delle dichiarazioni ufficiali, il peso politico dell’UE nei grandi scenari globali sia ancora limitato.


Chi l’avrebbe mai detto? L’Italia, considerata per anni il simbolo dell’instabilità politica, è diventata il paese più stabile del G7. Un capovolgimento che ha del paradossale, ma che evidenzia una realtà innegabile: mentre gli altri grandi paesi occidentali affrontano crisi interne e cambiamenti di leadership, Giorgia Meloni è ancora lì, più solida che mai.


Ironia della storia o segno di una nuova era politica? Il tempo lo dirà. Ma per ora, il G7 ha una sola certezza: l’Italia non è più la fragile repubblica instabile di un tempo.


Questa situazione conferma che il quadro geopolitico è in piena evoluzione e che la stabilità politica di un paese è diventata un valore determinante per il suo peso nelle dinamiche internazionali. Il governo di Giorgia Meloni ha saputo mantenere una compattezza che molti altri leader non hanno avuto, riuscendo a navigare con astuzia tra le difficoltà interne e le sfide internazionali. Questo posizionamento unico nel G7 le garantisce un’influenza senza precedenti per un premier italiano negli ultimi decenni.


L’assenza dell’Europa dalle grandi trattative mondiali è un ulteriore campanello d’allarme per un continente che fatica a imporsi come attore globale. Con gli Stati Uniti e la Russia che discutono direttamente le sorti dell’Ucraina, l’Unione Europea appare più come uno spettatore che come un protagonista.


In questo scenario mutevole, Giorgia Meloni potrebbe essere la figura chiave per rilanciare un ruolo dell’Italia non solo nel G7, ma anche nei rapporti tra Europa e Stati Uniti. Mentre il resto del mondo politico occidentale cerca di riorganizzarsi, l’Italia sembra essere il punto di riferimento più stabile in un panorama incerto e frammentato.

 

© Max Ramponi, 2025 | Tutti i diritti riservati.

 
Crediti foto

L'immagine di copertina è tratta dall'articolo de Il Giornale, disponibile a questo link.

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