Con Ahou Daryaei: il grido di una donna che sfida un regime, e il grido di tutti noi
- Max RAMPONI
- 5 nov 2024
- Tempo di lettura: 2 min

Questa mattina, mentre facevo colazione davanti alle notizie, ho appreso della storia di Ahou Daryaei, una giovane studentessa iraniana di Letteratura francese presso l'Università Azad di Teheran. Il suo nome ora risuona in tutto il mondo per un atto di ribellione che le è costato la libertà: dopo essere stata richiamata dalle autorità universitarie perché non indossava il velo, Ahou ha scelto di togliersi gli abiti proprio nel cortile dell’università, rimanendo in intimo. Un gesto forte, catturato in video e rapidamente diffuso sui social media, che ha richiamato l'attenzione globale.
Ahou non ha usato parole; ha messo il proprio corpo, la propria vulnerabilità al centro di una protesta che va ben oltre il singolo episodio. Il suo gesto è un grido contro la repressione che incombe su ogni aspetto della vita quotidiana di milioni di donne in Iran. Essere sé stesse, decidere come vestirsi o che aspetto avere: per le donne iraniane, anche queste scelte semplici e private sono soggette a controllo e imposizione. E così, per la colpa di aver rivendicato la propria dignità, Ahou è stata arrestata e confinata in una struttura psichiatrica, come se il suo coraggio fosse una forma di malattia, come se fosse necessario "rieducarla".
Ma qui non c’è nessuna follia: c’è il coraggio di una donna che ha scelto di non piegarsi a un sistema che vuole spezzarla. Ahou ha osato dire "basta", mettendo tutto in gioco per difendere la propria libertà e quella di chi non può o non riesce a parlare. Non c'è nulla di patologico nel desiderio di essere liberi. È, anzi, un impulso umano che nessun regime può domare, una fiamma che brucia più forte di ogni minaccia, più forte del carcere, più forte delle strutture psichiatriche.
Essere con Ahou significa riconoscere che la sua lotta ci riguarda tutti. Lei è diventata la voce di tutte quelle persone, donne e uomini, che rivendicano il diritto di essere se stessi, di vivere senza le catene invisibili che i regimi impongono nel tentativo di soffocare l’individualità, il pensiero libero e la dignità. E noi non possiamo restare in silenzio.
Ahou ci ha ricordato che i diritti e le libertà di cui godiamo e che spesso diamo per scontati sono beni fragili, che richiedono difesa, attenzione e solidarietà. Per questo non possiamo voltare lo sguardo, non possiamo permettere che il silenzio inghiotta il suo grido di ribellione. Essere con Ahou significa prendere posizione, fare eco al suo grido e ricordarle – e ricordarci – che non è sola.
La sua voce, se lasciata cadere nel vuoto, sarebbe un segnale di sconfitta per tutti noi. La sua prigionia, una prigionia globale. E il suo coraggio, un’eredità che non possiamo tradire.
Ahou Daryaei ha messo in gioco tutto ciò che aveva per rivendicare un diritto sacro e intoccabile: il diritto di essere sé stessa. La sua voce non deve spegnersi. È il momento di unirci a lei, di alzare la testa, di gridare insieme. Non per lei soltanto, ma per ognuno di noi.
© Max Ramponi, 2024 | Tutti i diritti riservati.
Crediti foto
L'immagine di copertina è tratta dall'articolo del Corriere della Sera, disponibile a questo link, che racconta la storia di Ahou Daryaei e il suo coraggioso atto di protesta.
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